Io penso che se Cinzia Tani non avesse scritto libri poteva dedicarsi tranquillamente alla carriera di serial killer perché trattare libri con questo argomento le riesce benissimo, riesce a essere così inquietante da toglierti perfino il sonno.
E inquietante è proprio questo ultimo libro che ho letto, L'insonne.
Siamo a Berlino, nel 1945, all'inizio del periodo hitleriano, quando la diffidenza per gli ebrei è alta.
Il dottor Martin Krieger trasforma la sua casa in una clinica dove tortura le sue cavie, ragazzi e ragazze destinati alla morte solo per il semplice fatto di avere malattie ereditarie o per essere ebrei e zingari.
A questi ragazzi l'uomo vuole togliere il sonno, perché convinto che possano diventare più vigili e attenti, e ovviamente più aggressivi.
Anche suo figlio Max ha subito in parte lo stesso trattamento, seppur non dovendo subire le sevizie degli altri ragazzi.
Il destino di Max si intreccerà con quello di Sophie, una ragazza fragile di origine ebrea, e Thomas, uno zingaro di indole ribelle.
Sophie riesce a fuggire dalla casa clinica assieme a Thomas, e solo dopo molti anni, a Parigi, rivedrà Max, che aveva sempre avuto un debole per lei.
Max diventa un bravo psichiatra, però attorno a lui si aggirano i sospetti per una serie di omicidi che il commissario Riboulet è deciso a scoprire.
Sophie è diventata un attrice e il suo cuore si divide tra Thomas, che l'ha sempre aiutata nel momenti peggiori, e Max, il suo primo amore.
In cuor suo Thomas odia a morte il rivale, che gli ricorda lo straziante periodo passato a Berlino.
Una storia travolgente sotto ogni aspetto, dove le angherie sono all'ordine del giorno.
Personalmente non ho mai amato leggere racconti sulla morte di centinaia di ebrei perché mi rattristano, ma questo romanzo ti rapisce letteralmente, nonostante tutte le crude realtà dell'epoca.
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